La visione di don Eustachio Montemurro - Fatti strepitosi (miracoli) dei Santi Medici - Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano-La Basilica

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La visione di don Eustachio Montemurro

Ottocento
ustachio nacque a Gravina in Puglia (BA) l'1 gennaio 1857 da Giuseppe, notaio di Matera e da Giulia Barbarossa di Minervino Murge (BA) [258]. Fu primo di cinque  
figli distinguendosi con particolare vivacità e trasgressioni da "bricconcello": era solito fare capricci, contrapporsi ai comandi dei genitori, scappare di casa per rivalsa ai rimproveri e punizioni. Papà Giuseppe e mamma Giulia curarono l'educazione del piccolo Eustachio con amore, con tanta accortezza e con una gran dose di pazienza per evitare effetti negativi e devianti quando il figlio era attratto dal desiderio di condividere, come poteva, gli svaghi e i giochi dei coetanei che vivevano liberi e spensierati per strada. Nel 1867, il colera colpì anche la città di Gravina e non risparmiò casa Montemurro: in pochi giorni morirono mamma Giulia, zia Marbattista, e i piccoli Federico e Maria Francesca. Improvvisamente un gran vuoto con incolmabile carenza di affetti e guida, che segnarono tutti i superstiti e l'adolescente Eustachio. Il vedovo notar Giuseppe ed il cognato don Federico nel 1872 ritennero opportuno affidare Eustachio al Convitto di Matera, ove avrebbe frequentato gli studi ginnasiali e liceali. In Convitto il ragazzo fu educato, responsabile, e alquanto volenteroso negli studi, conseguendo la maturità classica con ottimi risultati. Eustachio, decise di 
iscriversi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Napoli. Le risorse finanziarie di notar Giuseppe non erano sufficiente per poter mantenere a Napoli il figlio e poter pagare le tasse universitarie. Chiese aiuto al cognato don Federico e, soprattutto all'Ufficio Assistenza del Comune di Gravina, che generosamente, assecondò la richiesta: "Il Consiglio Comunale…. Visto l'istanza del signor Giuseppe Montemurro "…gli accorda 60 lire mensili, subordinate però alla frequenza e al profitto negli studi, da dimostrarsi all'Amministrazione con periodici attestati dei professori universitari…". Il sostegno del Comune di Gravina consentì al giovane Eustachio di risiedere a Napoli e seguire gli studi universitari. Egli dovette onorare e gratificare la fiducia del padre, degli zii e, particolarmente, quella degli Amministratori della città. "Studiò anche al lume della luna" per avere più tempo da impiegare alla frequenza dei corsi accademici teorici e pratici. Profuse il massimo impegno in tutte le discipline, conseguendo ragguardevoli risultati e rispettando i tempi legali del corso di laurea, per non prolungare il peso finanziario del padre e dello zio, che intanto veniva a mancare prima della laurea. Per non interrompere gli studi accademici rinviò il servizio di leva obbligatoria. Infatti, il 1881, dopo aver conseguito il diploma speciale in Scienze Naturali e Matematica e la laurea in Medicina e Chirurgia con il massimo dei voti e la lode, fu chiamato per assolvere l'obbligo di leva. Il Distretto Militare gli conferì il grado di sottotenente medico con regio decreto del 15 dicembre 1881 e lo inviò al 68° Reggimento di Fanteria di stanza a Bologna. Il sottotenente Montemurro per causa di infermità fisiche interruppe il servizio militare dopo 4 mesi ed il mese di aprile 1882 rientrò a Gravina riformato e congedato definitivamente. Il giovane dottore Montemurro quando rientrò a Gravina fu nominato professore nel Liceo Ginnasio del Seminario vescovile ed esplicò l'attività docente fino al 1886, a titolo gratuito, con i colleghi sacerdoti don Michele Varvara, don Nicola Spagnolo, don Francesco Paolo Loglisci, ricordati come insigni educatori della gioventù. A Gravina circolava già buona stima del dottor Montemurro e molti concittadini lo adottarono come medico di famiglia [259]. Intanto, l'Amministrazione Comunale lo aveva prescelto per affidargli la condotta medica in unione con altro collega. Il dottore Eustachio rifiutò la proposta di incarico sostenuto dalla convinzione che in due non avrebbero assicurato una buona assistenza per tutti i bisognosi di assistenza medica, per cui propose di suddividere la popolazione in quartieri e assegnare la condotta medica individuale. Il dottore Eustachio si mise in proprio e svolse la professione libera, poiché aveva acquisito come clienti molti nuclei familiari e veniva interpellato con frequenza per consulte mediche per casi di particolari patologie. Ben presto ogni mattina si recava a casa dei suoi assistiti e con il sorriso sulla bocca visitava, curava, sosteneva il morale. Dagli assistiti più poveri non chiedeva compensi, anzi, forniva medicinali e contribuiva ad assicurare il necessario alla guarigione. Esplicava l'assistenza di giorno e studiava e si aggiornava a fine giornata e la notte, per conoscere i progressi della Medicina e della Chirurgia e assicurare ai suoi pazienti assistenza sempre aggiornata e più efficace. Egli fu convinto che la cooperazione tra colleghi con gli scambi di conoscenze ed esperienze avrebbe potuto assicurare una assistenza medica più efficace, curare e guarire anche casi impossibili. Con alcuni colleghi diede vita ad una Associazione Medica con lo scopo di istituire un dispensario aperto al popolo con visite gratuite ai poveri. Il 1883 l'Associazione, già operante, ebbe il plauso ed il sostegno della Civica Amministrazione e si aggiornò con un nuovo statuto per divenire più stabile ed efficace.

Montemurro vivendo tra il popolo aveva conosciuto i bisogni e le ingiustizie e non si risparmiò per aiutare i più deboli e sostenere i diritti dei lavoratori, impegnandosi politicamente con il gruppo dei Socialisti. Fu un vero socialista, partecipò alla vita di partito, si candidò, fu eletto, svolse il ruolo di amministratore dall'opposizione (1883 al 1891), insieme a Canio Musacchio. Nel Consiglio Comunale svolse un impegno ed uno stimolo per la maggioranza, costringendola a deliberare per il bene della città e per il sostegno dei lavoratori ed indigenti. Si adoperò per il buon servizio scolastico delle Scuole Elementari. Assicurò l'istruzione Tecnica per maschi e donne; fece riaprire il Ginnasio, che egli stesso aveva ostacolato e fatto sospendere, quando si voleva tenerlo aperto a solo dispendio di denaro ed inefficienza formativa. Fu docente di Scienze Naturali, sempre a titolo gratuito, insieme al canonico don Domenico Digiesi, fu componente del Patronato Scolastico "Michelangelo Calderoni" per assicurare le sue azioni politiche e filantropiche. La filantropia di Montemurro venne favorita il 1894 quando fu eletto presidente della Congregazione di Carità, da cui dipendevano l'ospedale di S.Maria del Piede, il Ricovero di Mendicità, l'Asilo nido, l'Orfanotrofio femminile S. Antonio. Amministrò l'Istituzione apportando benefici alle Opere Pie da essa sostenute, anche se non riuscì ad appianare i debiti pregressi e risanare le finanze. Il suo impegno sociale e politico lo indusse a far parte della prima cellula del Partito Popolare di Don Sturzo e rimosse dalla mente di molti denigratori il pregiudizio di ritenerlo "socialista rivoluzionario".

Eustachio, mentre curava i suoi ammalati con amore e dedizione e si spendeva per sostenere i diseredati, fu colpito da grave malattia che lo ridusse in fin di vita. Nessun collega medico o farmaco riusciva a sollevarlo dalle sofferenze e dalla debilitazione, che lo ridusse in fin di vita. Aveva circa 35 anni di età quando, in preda ad una febbre altissima, ebbe in visione o sogno i Santi Medici che lo chiamarono "fratello", comunicandogli che erano intervenuti per purificarlo. Svegliatosi e ripresosi dal torpore febbrile, trovò vicini al capezzale il padre, la zia Lela, il dottor Giuseppe Abruzzese, suo medico curante, don Francesco Fiorentino, suo confessore, ai quali raccontò la visione e dichiarò che: "Se la Madonna mi guarirà mi farò sacerdote" [260].

Il 24 settembre 1904 Eustachio fu consacrato sacerdote insieme al giovane diacono Giovanni Colangelo. Il 1° ottobre 1904 don Eustachio celebrò, per la prima volta, la Santa Messa nella chiesa di San Domenico e dal 26 ottobre fu nominato vice parroco della parrocchia di S. Nicola e S. Cecilia. L'anno successivo (1905) don Eustachio ebbe momenti di incertezze e dubbi sulla sua vocazione, per cui chiese aiuto allo zio don Leopoldo e ad altri pii uomini di Chiesa, tra cui il vescovo Maiello, che gli consigliarono corsi spirituali per cogliere liberamente la volontà di Dio. Il suo sacerdozio fu disprezzato, vilipeso e ironizzato da molti cittadini, che lo avevano conosciuto socialista e attivista politico e pubblico amministratore. Furono uomini poveri di spirito e increduli della potenza divina. Don Eustachio non si scoraggiò mai ed esercitò il maggior numero di ministeri: confessò, celebrò messe, predicò, portò il viatico ai moribondi, impartì l'estrema unzione degli infermi. Agli ammalati portò il frutto della professione medica e quella del sacerdozio. Infatti, per alcuni anni riprese anche la professione medica per alcuni casi particolari e col consenso dell'ordinario diocesano [261]. Superò le angosce e gli ostacoli e, con l'aiuto di Don Saverio Valerio diede vita alla "Congregazione dei piccoli Fratelli del SS. Sacramento". Montemurro ed il confratello don Saverio nel gennaio del 1914 si trasferirono in Valle di Pompei per coadiuvare il parroco don Gennaro Federico, allora gravemente infermo, e per prestare anche servizio nel Santuario della SS.ma Vergine del Rosario col beneplacito di Sua Eminenza D. Augusto Sily, Delegato Apostolico del Santuario. Il 2 gennaio 1923, don Eustachio, dopo breve malattia, muore a Pompei. Le esequie furono celebrate nella Basilica di Pompei il 3 gennaio. La salma fu seppellita nel cimitero di Scafati. Il bene compiuto da don Eustachio e dal suo compagno produsse amore eroico in tanti figli, a imitazione del Maestro. Per il buon medico e speciale sacerdote è in corso un processo di beatificazione sollecitato dalle suore della "Congregazione del Sacro Costato" [262], che ritengono il loro fondatore un missionario di Dio, che visse e agì per sostenere i bisognosi e concretizzare le volontà divine.

 
 
 
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