Il giovane scalpellino - Fatti strepitosi (miracoli) dei Santi Medici - Iconografia e Venerazione dei santi Cosma e Damiano-La Basilica

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Il giovane scalpellino

oco più che diciottenne la Patria volle militare uno dei tanti Alberobellesi. Poté ritenersi fortunato, perché altri 100 suoi commilitoni, partiti nel 1915 contro lAustria, non fecero ritorno. Nel 1920, per ragioni di lavoro, emigrò in Abruzzo, da dove rientrò a causa del clima e soprattutto dopo essersi bagnato, per un abbondante acquazzone, che iniziò a minare il suo fisico. Egli era un bravo scalpellino, partito in gruppo da Alberobello. Il medico curante non comprese il suo malessere e suggerì che quotidianamente ingerisse un decotto a base di gramigna, un'erba comune nei campi, che porta in cima al caule cilindrico vuoto un'esile spiga. L'insolito infuso lo faceva gonfiare, ma non guarire, anzi lo debilitava giorno dopo giorno. 
Dopo alcuni mesi il proprio medico, resosi conto del continuo stato di aggravamento, sentendosi in colpa, convocò un collega, appena laureato, che fu lesto nel diagnosticare il male, avendo notato che l'infelice aveva nell'addome liquidi mai smaltiti e suggerì limmediato ricovero presso lospedale di Putignano. Il medico si oppose al trasferimento, non voleva che in quel nosocomio si sapesse della sua diagnosi errata e, pur potendo disporre di un break per facilitargli il ricovero, unico mezzo che collegava le città, rifiutò di accompagnarlo. Il giovane, sempre in preda a dolori lancinanti, venne trasferito in calesse da un benestante del luogo. Dovette attendere altri tre giorni in ospedale, perché la prassi richiedeva che si effettuasse il versamento della somma dovuta per l'intervento.

Rientrato a casa, lo sventurato continuò a lamentarsi. Aveva, tuttavia, fiducia nei suoi Santi Medici. E, infatti, una notte, mentre si lamentava, notò che librate nell'aria, due figure gli andavano incontro, e delle due parlò Cosma: "Non temere! d'ora in poi non avrai bisogno pili degli asciugamani e della brocca". Scomparvero. Il giovane fortunato scoppiò a piangere, accorse la sua mamma, le raccontò tutto e insieme versarono altre lacrime. Ben presto si rimise in piedi. Ai due guaritori, nel 1934, appena rientrò nell'abitazione paterna, innalzò sulla facciata esterna del trullo un'edicola votiva, qual segno del suo amore.


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